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Il perdono del tempo

Corre,
il mondo sposta il suo piano.
Corre,
veloce come il suono
di voci perdute.
Corre tra le comparse
e gli amori scomparsi.
Musica che appiattisce i vuoti,
luci che disturbano il riposo
di gusti sconosciuti,
luci che invadono le tenebre
nel cuore.
Corre,
e cori urlano il suo nome.
Corre,
veloce come precipitare
negli abissi senza fine.
Corre tra le comparse
ed il sollievo dei sogni,
corre tra l’odio
e la disillusione.
Musica che appiattisce i vuoti,
luci che distanziano il creato,
Musica che richiama l’Altro,
luci che invadono vuoti
che lasciano vuoti
e lacrime,
che ci lasciano
senza saluti
né perdono.

Echi

insondabile tempo che
legò ciocche di bruma
ai miei ispidi istinti,
d’istanti distinti
ora distanti.

nel vuoto più rapide
viaggiano le paure
ed il dolore,
ripide in viso
lacrime eiaculano.

Nero desio governa
il motore del caso,
ma sfocano dettagli
e propositi
di odii e sorrisi

di mille addii
e mille sorrisi,
altre voci distorte
spingono e si spengono
solenni echi risuonano
dentro,
spingono e si spengono
dentro
aliene ed inesorabili
come tombe.

Odio

Odio la sveglia del telefono
ed il telefono,
l’onda del passato che si propaga
superando il limite
del presente,
me ed il presente,
si presenta
come un violento vento
di destino, che spio,
so che mi corre vicino…
lo scocciante brusio
di chi blatera senza sapere,
di chi impone il suo volere
danzando su fili tesi
e senza sapere…
involontariamente
perdo il controllo
e restano macerie
di terra piatta
di pancia piatta
e vuota.

Odio chi giudica male
e chi finge il bene,
chi si lamenta per noia
e chi annoia
per lavoro.
Non siamo soli
ci rende più soli.
Finchè siamo vivi
ci ricorda la fine.
Odio la fine
e il suo inizio,
il vizio
di chi crede di sapere
ed impone il suo volere,
vincere perdendo il controllo,
spento,
e vince chi lascia più macerie
dentro.

Narco

Narcotizzato
in questa delizia
delineo tormente.
Mi apro ad un nuovo vizio,
mi volle la sua astinenza
con insistenza.
Viole e papillon
il suo spirito
ardente
disinfetta i miei dubbi
e stona ed esplode
di fiori neri
sul petto,
fiori neri
mi liberano a volte
del mio corpo.

Elettronica, vagante
quanto ho pianto
e rammendato,
stabilmente instabile
delineo tormente.
Un nuovo inizio,
lo stesso vizio…
Delizio e spiazzo,
insisto
e spezzo
il suo spirito ardente
come brace d’universo.

Elettrozona
frantuma e mischia,
correre contro il tempo
o camminarci accanto
con insistenza…
e la speranza
chiusa in una stanza
plastica.
Delineo tormente,
presente in elegante
nero da viaggio in gocce
di veleno…
schiumano le ore,
il suo linguaggio
è alieno,
il suo orgoglio,
metropolitano.
Viole e distanze,
capitolano le risorse.
Aspiro gelide assenze,
insormontabili indifferenze.

Dea

Di sorrisi irrisi
i tuoi occhi
le tue bocche…
aneli
Dea
ogni pensiero
ultraterreno
Solida come la pietra
Eterea come l’amore
eterna e sapida
infine
come la morte.
M’aggiusti
vilmente,
ma giusti i tuoi gesti
scolpiscono
un cuore grezzo e antico,
un dolore artico
nella penombra
dell’isolamento,
nella penombra
dell’isolamento
attendo,
sarò inverno,
luce d’inferno,
saltimbanco…
Di pianti intrisi
i tuoi occhi
le tue mani
allo specchio
riveli
Dea
l’orgoglio del martire
l’appiglio
di chi precipita in sogno,
fermioni e feromoni.
Solida come la pietra
Eterea come l’amore
eterna e sapida
la morte.
Nella penombra
dell’isolamento
attendo…

ALTROVE

Il vile avvilito va via
dal suo letto sepolcro
quando la morte gela,
sangue epurato,
fragile malinteso.
Malia incolore va via
sconsacrata dal buio.
Vive catturato e rapace,
incapace di esistere,
inerpicandosi in etere
va via.
L’amo che sgola,
la pinna frustrata,
cresce in vertigine
fino al bordo del vuoto
riaperto,
fino all’uscita
dal mondo.
Via.
In vita sorprese la notte.
Vanità sospese.
Vanti assetano disprezzi.
Vene distese a pezzi.
Stasi
come venti assistono cardini
di resistenze abbattute,
oscilla
tra illusione e tormento
e incompiuto…
nel maledetto giorno.
Altrove,
cercando il suo tempo.

Ti cerco

Ti cerco attraverso la nebbia
con la stessa rabbia
ed il pericolo di ritrovarti.
Nell’insostenibile mancanza
che rosicchia la bellezza
ed ogni virtù, allo sbando
ti cerco in questa gabbia
che non lascia scampo.
Oltre i ricordi dei sogni
confini invalicabili
dispersi in primitivi bisogni,
in sorrisi arresi
incompresi… ti cerco
Nell’incolmabile distanza
delle nostre anime nutrite
d’estasi e stasi.
In questa follia mascherata
che ha distrutto tutto
in lacrime di musica.
Ti cerco in un miracolo
stanco all’angolo,
nell’insostenibile assenza
senza speranza,
nell’insostenibile mancanza
che rosicchia la bellezza
e la mia umanità.

VARCO

Un varco verso il tuo tempo,
distanti per quanto eterno
e tenero
e tenebroso.
Marcio il ricordo ormai,
marcio silenzio,
marcio il mio cuore
che non sa cos’amare
e non smette di amare.
Libero dall’ossessione
riesco a galleggiare,
libero dalle catene
d’esser metà di due…
solo sono superiore.

E un filo d’angelo
caduto
e un caldo diavolo
incoronato

Un varco verso il mio tempo
estranea overdose,
estraggo le sillabe dal tuo nome
e quest’aria m’affanna
quest’aria m’affanna…
eterni per quanto distanti
amanti
di amanti.

E teneri e tenebrosi,
carne d’angelo sfama
occhi di diavolo,
dal silenzio non c’è
cura,

non sa più come amare
e non smette di amare
il mio cuore suppura.

Senza far domande

Ferito, ho scatenato il mio orgoglio
Uccidimi senza fare domande
Uccidimi senza fare domande
Tu non puoi parlarmi d’amore
Mi uccidi senza fare domande.
Distante per sentirti distante.
Ferito, ho scatenato il mio orgoglio.
Rivoglio indietro il mio tempo
di vento infranto contro uno scoglio
Divento sasso nel silenzio
abbandonandomi all’infelicità
della gravità.

Ricordi dal futuro

Ora che non sei più mistero
ora che tutto sta crollando,
che sto piangendo è
più chiaro il senso del presente
nell’assenza
e s’oscura il passato
nei ricordi dal futuro,
ora che tutto sta tremando
ora che le lacrime
in un coro si perdono,
suona lieve tra sei corde,
lieve la neve si perde
e mi perdo
ancora un po’
nelle immagini ingiallite
dalle ferite.